
fig. 6 _ Particolare della figura di Michelangelo mentre riflette, dubbioso, sul messaggio che sta per lasciare.
Note, da elaborare:
_ Michelangelo, mancino, tiene la penna con la destra;
_ la penna punta agli occhi;
_ L'unità compositiva tra Michelangelo ed il blocco di pietra conferisce a questa un valore simbolico che va oltre la funzione di sostenere la figura ed il foglio;
_ quasi tutti i personaggi sono scalzi, o con sandali leggeri: Michelangero calza stivali alti e vistosi;
_ parallelismi tra elementi delle figure di Eraclito e Diogene;
(bordi del fogli; ...);
_ parallelismo tra bordo prospettico del masso e lato destro del triangolo di lettura);
_ ruolo dei costumi e dei colori;
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Appendice ad Architettura e Psiche / sintesi
Dopo il foglio di Siena, e altri disegni, il cartone dell'Ambrosiana rappresenta il progetto quasi esecutivo, non solo ideale e compositivo, ma di per sé già figurativo, della sezione basamentale della Scuola di Atene.
In nome della continuità tra la cultura classica e la tradizione cristiana in una raggiunta rappresentazione dell'umanesimo, intellettuale, filosofico e neoplatonico, Raffaello vi relaziona filosofi e matematici di un ideale mondo greco e romano ad artisti e personaggi operanti in Roma, a lui coevi.
Il disegno monocromatico è già espressivo di una quasi raggiunta unità formale. Lo è nella composizionde generale, nell'impianto architettonico e prospettico, nello svilupppo lineare dei personaggi in secondo piano e nei gruppi dialoganti tra loro; restano tuttavia, a sinistra dello spazio vuoto in primo piano, linee geometriche ed ombre nette, indicative di una un lavoro interrotto, di una decisione lasciata in sospeso. Qualcosa di non finito, come indicato anche dalla dinamica di Parmenide (o Senocrate, o Aristosseno), con le braccia protese in diagonale nel senso di quel vuoto.
Nel 1511 una parte della Sistina è scoperta e mostrata. Per Raffaello è la riprova, temuta e attesa, della centralità ed unicità del genio michelangiolesco. Per formazione culturale e familiarità con il materiale ermetico e simbolico, prima e meglio di altri il giovane artista è in grado di riconoscere e giudicare le matrici eversive del messaggio insito nella composizione di quella volta; la sintesi innovativa dell'architettura; la potenza della narrazione sulla origini bibliche dell'umanità, l'espressività della creazione che nuda si rinnova nella bellezza della fisiologia umana; il monito per il recupero di una figuratività non celebrativa, promossa da riferimenti storici, teologici e filofici davvero attuali e permanenti; non ultima, la dimostrazione - essenziale ai fini di una cultura davvero unitaria - della possibilità di interpretare in un unico sistema figurativo i temi ed i contenuti più generali, etici ed estetici, di ogni attività creativa.
Animato da altri valori, diversamente libero da pregiudizi, e tuttavia affine, per indole intuitiva e capacità di penetrazione psicologica, all'anziano rivale, Raffaello è pronto a comprenderne il portato radicale di tanta innovazione, l'istanza rivoluzionaria insita in siffatta irriducibile essenzialità estetica sposata ad un pensiero etico e morale altrettanto rigoroso.
L'inserimento tardivo nell'affresco della figura di Michelangelo può significare, dunque, sia il proposito di sorprendere, sia l'intento di prendere tempo nel timore di reazioni; e non esclude un riconoscimento, una richiesta della committenza.
Non meno, sottintende la consapevolezza di un intervento infine necessario all'equilibrio figurativo di una composizione lasciata in parte in sospeso, in bilico tra ipotesi alternative, pensate e studiate.
E' un dato che, mentre tutti i personaggi sono composti e dinamicamente relazionati in un insieme lineare o in gruppi, già dal cartone la figura di Diogene risulta invece isolata e, rispetto al vuoto alla sua sinistra, non proprio equilibrata.
Resta inoltre ragionevole ritenere che nell'ipotesi della soluzione con Michelangelo, a quel punto virtualmente a suo modo già estraneato, la predisposizione alla sua destra della figura oscura e criptica di Diogene, per di più in quella postura tanto mossa e diagonale, non sia affatto casuale; non solo ai fini di un predisposto reciproco equilibrio figurativo, ma anche per la sovrapposizione e affinità dei loro problemi o aspetti caratteriali.
La scelta di Raffaello, qui giunti, è altrettanto radicale.
Nella parte in primo piano della Scuola di Atene, quella per qualche moto interiore, opportunità o ragione lasciata non finita, accosta altro intonaco a quello ormai indurito e, appresso, vi compone la figura di Michelangelo.
In breve, la figura di Michelangelo, assorta, lo sguardo assente sugli "stivali di pelle sopra lo ignudo", è ben inserita; non appare affatto nè imprevista né improvvisata; benché isolata, si compone con la figura alla sua sinistra, della quale riprende e assorbe la dinamica delle braccia tese; e in una ariosa e bilanciata composizione emisimmetrica si equilibra con la postura diagonale e le gambe divaricate di Diogene.
Non so di disegni e cartoni; ma immagino le ipotesi sulla postura, sul genere di sentimenti da lasciar trasparire; sul carattere dominante infine da scegliere; da cui, la figura scura e dimessa, poggiata sul candore di quel masso di marmo, materia prima dello scultore, sovrappensiero su quel che varrà dire in quel messaggio.
La postura definitiva, quella che vediamo, è quella di un uomo robusto e maturo; non nell'atto, ma durante una riflessione, quello che sembra un ripensamento su quel che sta scrivendo sul foglio spiegato sul marmo; la mano destra che trattiene la penna; l'altra a sostenere la tempia sinistra; una gamba distesa, l'altra piegata, pronta a potersi alzare. Pensieroso. Di traverso.
Di traverso come quel blocco di marmo; ma in una posizione limite, portatrice di interpretazioni simboliche, dunque comprensibili, e tuttavia non definitive; come si addice a qualcosa che, essendo vero, non va detto; non comunque in modo certo e definitivo. Ne andrebbe, in quella corte, tra quelle mura, del futuro di Michelangelo; e dello stesso Raffaello.
Ma tutto di questo episodio, per forma e per contenuto, dice di una sterzata. Di una sterzata alla direzione ed al senso della composizione dell'affresco, che riflette e racconta - nei modi più illuminanti e durevoli della storia, quelli dell'arte - una mutazione intervenuta in questa epoca, di per sé tanto specifica ed al momento ancora solare, già dal primo scoprimento degli affreschi michelangioleschi della Sistina.
Una svolta che con altre soluzioni di continuità - il sacco di Roma, la chiesa anglicana, il Luteranesimo, la Controriforma - introduce a stagioni diverse e crepuscolari del Rinascimento romano, dalle manifestazioni di maniera ancora monumentali ma essenzialmente celebrative, a quelle di un manierismo invece elusivo ed eversivo, tale da minare e minacciare dal profondo l'ortodossia del formalismo della Chiesa di Roma; una attività, questa ultima, sotterranea e minante, che con opere e scelte di parte vede Michelangelo evolvere da precursore di riforme etiche ed estetiche anche a protagonista autorevole ed assoluto di queste istanze.
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Senza entrare nel merito degli innumerevoli riferimenti simbolici, enigmatici, esoterici insiti nell'affresco, (opposto a quello della Disputa del Sacramento, dedicato nella stessa stanza alla Fede ed alla Teologia), - e meno ancora in quelli infiniti della Sistina, spesso anche umanamente polemici - vale tuttavia mettere a fuoco alcuni dati essenziali sulle due figure centrali rispetto a quella in primo piano.
Sulle figure di Platone, Aristotile e Plutarco; e quindi sulla inversione tra la conoscenza che procede dalla percezione al pensiero, a quella del ritorno dal mondo intelligibile a quello sensibile della realtà apparente. Processi per il neoplatonismo rinascimentale complementari e sovrapponibili, in una unità coincidente con il principio unitario e vitale di Plotino, per il quale "pensiero" ed "essere" sono un "unicum". Da cui, anche l' "anima" e l'articolarsi, dubbioso, problematico, dialettico, del pensiero.
Una prima indicazione di questi atteggiamenti della coscienza si ha nell'indice rivolta al cielo di Platone, nella mano tesa al mondo di Aristotile, nell'aspetto pensieroso di Plotino; atteggiamenti che, tornando a Michelangelo, ne dicono della natura problematica, del suo rifarsi a caratteri e valori fondamentali dell'uomo e del suo mondo; caratteri e valori che l'affresco della Scuola di Atene esprime nella pienezza di un equilibrio che sembra fissarne la perfezione e la perennità; un'enfasi ed una stabilità già distanti tuttavia dall'esprimere quel mondo dello spirito che, per Michelangelo, sta all'origine sia dei principi e dei valori, sia di una conoscenza e concezione anche critica della storia che ne implichi una visione.
La grandezza d'animo, la singolarità di Raffaello nella Scuola di Atene sta nel comporre questa combattuta e irrisolta contraddizione tra le due diverse concezioni o visioni, accogliendo quanto recepito del messaggio di Michelangelo (da cui, l'Eraclito con la penna in sospeso), e nell'esprimerlo in tutta la sua trasversalità figurativa e semantica. Una scelta che implica una autocrica sul proprio operato, o quanto meno il sorgere di un dubbio sulla attualità e permanenza del mondo che anche lui, Raffaello Sanzio da Urbino, ha magistralmente appena composta e fissata nel suo affresco.
Tuttavia quel mondo di tante voci, di Leonardo, Bramante, ed ora di Michelangelo, che già ha in sé i germi per mutare, è anche il suo; è il momento che anche lui vi appaia.
In ragione dell'intelletto, l'uomo rinascimentale si pone al centro del mondo, ne domina la realtò, ne rappresenta l'ordine.
L'annuncio del cambiamento insito nell'affresco della Sistina, sta nella sua magistrale apertura a valori etici ed estetici non celebrativi e non assoluti, in nome di una umanità che non teme di ripensarsi anche in modo critico dalle origini della sua storia.
Si tratta di un fascio di luce sul mistero della rappresentazione dei fondamenti esistenziali; un processo creativo sostenuto, in Michelangelo, da fede e devozione in una realtà trascendente e perfetta, espressiva della realizzazione del Sé nell'archetipo della divinitò; non meno, sostenuta da libertà e dignità di matrice intellettuale; libertà e dignità vissute nel dubbio dell'esperienza, nella ricerca della verità, nella realizzazione di quegli archetipi della totalità e della perfezione che da allora - anche se in termini certamente meno definitivi e mai assoluti - potremmo cominciare ad identificare in una concezione anche laica, problematica e moderna della conoscenza.
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Ho detto della grandezza d'animo e della singolarità di Raffaello nella Scuola di Atene nel riconoscere il merito e il senso del messaggio di Michelangelo nell'affresco della Sistina. Una scelta che ne esalta i dati essenziali del carattere; ossia, la ragione e il sentimento (inteso, questo ultimo, come attitudine dell'intelletto ad esprimere giudizi di valore sulle cose).
Resta, tuttavia, sottintesa ma non inespressa, l'attività irrazionale della psiche inconscia; una presenza costante (anche se davvero inavvertita), dalle manifestazioni riequilibranti, quando non contrarie o avverse nei confronti delle attività coscienti.
E' infine pensabile che nell'ambiente fazioso e competitivo della Curia vaticana, dove i favori del pontefice sono determinanti ad ogni fine, timori, invidie e gelosie tra interessi contrastanti restino all'origine di diffidenze, avversioni o discordie anche personali e durevoli. Uno stato d'animo, quindi, comune anche tra i protagonisti di questa pagina; che in Michelangelo si può riassumere in un pregiudizio sulla furbizia, sul farsi valere dell'altro; e che in Raffaello si puà attribuire, prima che a lui, alla malevolenza di un ambiente bramantesco prevenuto e insidioso.
In quelle stanze, tra opposti interessi, Raffaello non può non averci messo del suo; ma resta il fatto della sua scelta cosciente, maturata e preparata quasi di certo dal cartone dell'Ambrosiana, e resa palese con quel primo piano della Scuola di Atene che, anche se in modo criptico o contradditorio, rende onore e giustizia alla prodigiosa visione della Sistina.
Infine, anche l'inconscio (onnipresente e dispettoso, memore di qualche umore dell'animo respinto dal buon senso, ma nel profondo non del tutto sopito) non può a sua volta non averci messo del suo; - sia nello spingere verso le soglie dell'intuizione il suggerimento ermetico e simbolico di quella anomalia trasversale ma risolvente; trasversale perché manifestazione di uno stato d'animo non del tutto davvero acquetato; risolvente perchè comunque espressivo di una sintesi logica e figurativa; - sia nel suggerire alla coscienza una sintesi di interne insanabili dicotomie con l'idea sintetica di quel masso, di quel parallelepipedo di pietra posizionato di traverso rispetto all'orditura generale, e tuttavia frenato sul limite dell'asse di simmetria.
Come dire, bloccato alle soglie della coscienza razionale, là dove il sentimento - il giudizio di merito sulla scelta in atto - prevale sulle logiche di un raziocinio contingente e infine, in modo certo e consapevole, decide e si esprime.
? ... l 'enigma della Gioconda, il ritratto che Leonardo fa di sé, della propria anima.
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